La felicità del cactus recensione
Recensione

“La felicità del cactus”

Uscito qualche anno fa, “La felicità del cactus” di Sarah Haywood rimane ancora oggi una buona lettura da ombrellone (la mia copia si è portata a casa anche un po’ di sabbia e qualche pagina spiegazzata).

Susan è una quarantacinquenne single, affermata nel lavoro, sicura di sé e indipendente.

“Io mi definisco una donna autonoma e piena di risorse. Ciò che mi manca in termini di relazioni personali e familiari è più che compensato dalla mia ricca vita interiore, infinitamente più stabile e sicura”. 

Se un po’ mi conoscete, saprete che non potevo non innamorarmi di questa donna.

“Non fosse che lavoro con altre persone, la vita in ufficio sarebbe quasi piacevole”

Comunque, sia ben chiaro: io “adoro” i miei colleghi, soprattutto quando leggono le mie recensioni!


Cinica, indipendente, maniaca del controllo: nelle prime pagine Susan è praticamente perfetta. Ma si sa, non è che si possono scrivere 300 pagine su una tizia tutta casa-lavoro e “amico con beneficio”, e così ecco lì che arriva l’imprevisto che scombussola la vita di Susan e – addio sogni di gloria – tutto finisce a tarallucci e vino.

Cercando un po’ in rete, ho trovato che nel 2020 Netflix aveva in programma di trarne una commedia con Reese Witherspoon, ma, per ora, ancora non se n’è fatto niente.

Come dicevo “La felicità del cactus” è un libro di tutto relax, ma questo non è certo un difetto. So che in molti storceranno il naso ma “non di solo Dostoevskij vive il lettore”.

Questi libri “leggeri” sono una boccata d’aria fresca in una giornata afosa. Dovrebbero essercene in ogni libreria che si rispetti, e vi suggerisco di diffidare di chi li considera poco più che spazzatura.

La teoria del cactus

Tornando al nostro cactus, un’osservazione: è scritto che Susan punge come i cactus che colleziona, ma poi, da qualche parte nel libro, viene spiegato che i cactus non pungono per difendersi dai predatori (come, tra l’altro, anche io pensavo), ma per limitare la dispersione di acqua e per mantenere il fusto in ombra. Noi, gente con le spine, non è che abbiamo paura degli altri e li vogliamo tenere a distanza, semplicemente abbiamo trovato un modo tutto nostro per adattarci all’ambiente e per stare bene da soli. Stare troppo in mezzo alla gente ci “prosciuga” un po’.

Comunque, se in attesa di fare le valige vuoi iniziare a sfogliarlo, ecco l’anteprima di “La felicità del cactus”


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