Cinquanta modi per dire pioggia
Recensione

“Cinquanta modi per dire pioggia” di Asha Lemmie

Promettimi che obbedirai sempre. Non fare domande. Non lottare. Non resistere. Non pensare, se il pensiero dovesse portarti dove non devi andare. Sorridi e fai quello che ti chiedono. Solo la tua vita è più importante dell’obbedienza. Solo l’aria che respiri. Promettimelo.

Asha Lemmie, “Cinquanta modi per dire pioggia” 2021 Editrice Nord

Ho letto “Cinquanta modi per dire pioggia” di Asha Lemmie e vorrei tanto poter dire che mi è piaciuto…

Lo vorrei per diversi motivi. Innanzitutto quando ho deciso di aprire questo blog mi sono ripromessa di evitare le recensioni negative: la mia regola è che se un libro non mi piace, non ne parlo e la cosa finisce lì. La seconda è che è un romanzo d’esordio, e quindi un po’ di tolleranza ci vuole. Ed infine ho letto così tante (praticamente tutte) recensioni entusiastiche che un paio di domande ho iniziato a farmele… ma allora?

Allora niente: ho deciso di non pensarci troppo e di dire anche la mia.

Partiamo dall’inizio.

La trama

“Cinquanta modi per dire pioggia” è una “fiction storica” (così ho trovato da qualche parte) ambientata in Giappone tra il 1948 e il 1965. Racconta la storia di Noriko che a otto anni viene abbandonata dalla madre davanti al cancello della enorme villa della nonna (imparentata addirittura con l’imperatore). Figlia illegittima nata dalla relazione con uno straniero (peggio: un americano), Nori è relegata a vivere in soffitta, nascosta agli occhi del mondo. La sua pelle scura e i suoi capelli ricci sono un segno indelebile del disonore che ha portato alla sua famiglia.

Le cose per Nori inizieranno a cambiare quando il fratellastro Akira, che fino ad allora gli era stato tenuto nascosto, entrerà a far parte della sua vita.

In Giappone, ma non per forza

Nori è essenzialmente una vittima: del pregiudizio, delle tradizioni e dell’onore così come è inteso nella cultura giapponese del dopoguerra. Ma, per quanto la storia si svolga prevalentemente tra Tokyo e Kyoto, qui il Giappone appare come un “pretesto”, messo lì perché in questi anni va di moda. In pratica, scordatevi le atmosfere di “Memorie di una geisha”.

Il racconto è poco contestualizzato e, così come è presentato, avrebbe potuto svolgersi ovunque. La nonna avrebbe potuto essere una qualsiasi nobildonna europea; non c’era bisogno di andare fino in Giappone: in quel periodo, il disonore per una figlia nata fuori dal matrimonio, e per di più con il colore della pelle “sbagliato”, era un concetto purtroppo ancora molto diffuso anche in occidente. 

Infondo anche Alice, l’amica inglese di Nori, è stata allontanata da Londra  per colpa di una relazione poco adatta al suo rango.

Anche Akira vuole fare il concertista e non prendere le redini del grande impero di famiglia (un po’ un cliché da romanzo per adolescenti) e, quando torna dai suoi viaggi, Nori gli chiede regali e abiti alla moda come qualunque ragazzina del mondo.

Da Noriko a Lovely Sara

Nell’intento dell’autrice, “Cinquanta modi per dire pioggia” avrebbe dovuto essere un romanzo sull’emancipazione e sulla resilienza, ma la vita di Nori è troppo segnata dal dolore e dalla sfortuna per poter essere almeno lontanamente credibile, ed il risultato è quello di una buona trama per la realizzazione di un manga stile anni Ottanta (e qui ecco che il Giappone inizia ad avere un senso).

Fin dalle prime pagine non ho potuto non pensare a Lovely Sara rinchiusa in soffitta da Miss Minci dopo la morte del padre.

Per quanto riguarda il finale, beh a questo punto non voglio infierire: diciamo solo che quanto meno lascia aperta la possibilità di un seguito che magari potrà essere una buona occasione di riscatto.

Detto questo, il romanzo nel complesso non è male. Non sono una che condanna a priori i romanzi “di svago”, anzi li trovo ristoratori e benefici. E poi, ripeto, tutte le recensioni che ho letto sono entusiastiche, quindi,  probabilmente, il problema è solo mio 🙂

Come sempre ti lascio l’anteprima del libro e, mai come questa volta, mi piacerebbe conoscere il tuo parere.


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