Recensione

Cara Pace – Lisa Ginzburg

“Cara Pace” (Ponte alle Grazie) di Lisa Ginzburg è uno dei dodici romanzi che concorrono per il Premio Strega di quest’anno

In mezzo a tanti libri che parlano di rapporto genitori-figli, Lisa Ginzburg con “Cara Pace” ci parla di sorellanza nella sua accezione più vera. 

“Cara Pace” è un romanzo scritto “in punta di piedi”, quasi sussurrato, che ha come sfondo i giardini e le strade di Roma prima, di Parigi e New York poi.

Racconta la storia di due sorelle Maddalena e Nina che, “orfane senza essere orfane”, si ritrovano da sole in una grande casa di Roma, affidate ad una tata francese che sarà per loro l’unica figura adulta su cui poter fare affidamento.

L’una è la forza e il rifugio dell’altra ed insieme, seppur diverse, affrontano la vita dall’infanzia, all’adolescenza e all’età matura.

Uniche nella loro diversità, ognuna chiusa nel ruolo che ha deciso di ricoprire – nella parte che si è ben cucita addosso (il carapace) – Maddalena e Nina finiscono per diventare una cosa sole e, anche se separate dall’oceano, vivono in simbiosi: costantemente unite da fiumi di parole al telefono.

“Cara Pace” è sicuramente ben scritto e scorrevole e la trama è originale pur nella sua semplicità. I capitoli brevi favoriscono anche chi ha tempo solo per una lettura frammentata, purtroppo però sento che c’è qualcosa che non va.

Il continuo sottolineare il gioco di parole carapace/cara pace alla fine risulta irritante, come se il lettore non fosse in grado di comprenderlo da solo.

La cosa che però disturba maggiormente è il finale: sembra improvvisato e stona con tutto il resto, come se si volesse per forza trovare una chiusura ad effetto per una storia che era risultata così piacevole fino alle ultime dieci pagine.


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