Recensione

La forma del silenzio

Stefano Corbetta

ed. Ponte alle Grazie

“Non pensava alle parole, Leo le vedeva prima che nascessero. Non c’era suono che le rivelasse, non aveva mai ascoltato la voce della madre, non aveva mai sentito Anna chiamarlo per nome (…) Se doveva dire qualcosa, stringeva gli occhi e si metteva a tracciare segno nell’aria senza mai distogliere lo sguardo da chi gli stava di fronte, una preghiera che recitava con il corpo, parole mute che sgorgavano da un angelo ferito”.

Poi accade qualcosa: all’improvviso, in una sera d’inverno, Leo scompare e il suo silenzio si trasforma in vuoto.

Dopo 19 anni Anna incontra un uomo che forse le può svelare cosa è successo a suo fratello e così inizia la sua ricerca con la speranza e la paura di scoprire la verità.

La Forma del Silenzio di Stefano Corbetta è un romanzo che si potrebbe leggere tutto d’un fiato, in un pomeriggio, ma la verità è che non ci sono riuscita. Ti colpisce dritto come un pugno allo stomaco, è talmente coinvolgente che ho spesso sentito la necessità di fermarmi, fare una pausa per prendere aria, come dopo una apnea. Il personaggio di Anna è raccontato magistralmente, ho fatto mia la sua angoscia, la sua ansia e il suo modo di sentire la voce interiore di Leo. Mi ha fatto nascere il desiderio di saperne di più sulla LIS, la lingua dei segni, e forse è proprio questo che ti lascia un buon libro: il desiderio di essere una persona migliore.


Se poi anche voi siete curiosi, andate un po’ a sbirciare qui

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