Recensione

“La casa delle voci” di Donato Carrisi

Per un bambino la famiglia è il posto più sicuro della terra. Oppure il più pericoloso”

Donato Carrisi, La casa dello voci, Longanesi 2019

Ho pensato di riproporvi la lettura di “La casa delle voci” di Donato Carrisi, proprio oggi, poche ore dopo l’uscita di “La casa senza ricordi“: il nuovo thriller che ci riporta a Firenze nello studio di Pietro Gerber, l’addormentatore di bambini (anche se Carrisi ha chiaramente specificato che non è un sequel).

La casa delle voci: chi ha paura del lupo cattivo?

Come dicevo, il protagonista è Pietro Gerber, uno psicologo infantile che, servendosi dell’ipnosi, aiuta i suoi piccoli pazienti a risvegliarsi dai loro incubi.

Ma è proprio un incubo quello in cui si ritroverà lui stesso quando accetterà di seguire il caso di Hanna Hall, una giovane donna australiana che teme di essere stata responsabile, proprio da bambina, della morte del fratellino. Perdendosi nella mente malata di Hanna bambina, anche Pietro si ritroverà fare i conti con i fantasmi del suo passato.

La casa delle voci è un romanzo da leggere di notte al buio, quando “gli altri” dormono, così da liberare quelle paure che avevamo da bambini: il buio, il lupo, l’uomo nero… Perché Pietro la sera controlla che non ci siano mostri sotto il letto del figlio?

In molti hanno criticato il finale (ovviamente non vi anticiperò niente), posso solo dire che secondo me quello è davvero il colpo di genio di Carrisi, la firma che contraddistingue tutti i suoi romanzi. Non solo ti ha tenuto con il fiato sospeso per quattrocento pagine, ma anche dopo, quando lo hai terminato e pensi di esserne uscito, rimani lì con il dubbio e la paura, con quel senso di freddo che non riesci a mandare via.

Come sempre, se volete iniziare a dare una sbirciata, vi lascio l’anteprima


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