“Il fiato di Edith” di Nicola Pesce
“Cos’era l’Irlanda?, un’ora di crepuscolo che invece di scurire imbianchiva; una sorta di nebbia che si poteva respirare, e soffi di vento nella brughiera, cortecce d’alberi e perline di precoce rugiada.”
Nicola Pesce, “Il fiato di Edith” Edizioni NPE 2020
Ora, di fronte ad un testo scritto con questa eleganza, come posso io sperare di mettere insieme una recensione che possa anche solo vagamente essere all’altezza?
Ma partiamo dall’inizio.
Quest’anno è partito decisamente molto bene, perché tutti i libri che ho iniziato (ne ho almeno altri tre “in pista”) mi stanno prendendo moltissimo. “Il fiato di Edith” però ha qualcosa di speciale.
Innanzitutto, è il primo libro che mi è stato regalato e quindi è stata una gioia inaspettata, così come completamente inaspettato è il suo contenuto.
Racconta l’incontro tra Edith, una bambina dai capelli rossi distesa su un lettino che respira a piccoli sorsi – vittima di un sortilegio? – e Jonathan, che – incantato a sua volta – non riesce a stare lontano da quella bambina dalla pelle d’avorio.
Non ti racconterò altro perché “Il fiato di Edith” lo devi leggere e basta. E lo devi leggere con calma, in un pomeriggio d’inverno (ti sarà sufficiente), quando ti sentirai pronto a farti travolgere da una storia tenera e malinconica che ti lascerà un groppo in gola che ci vorrà un po’ a mandare giù.
L’autore è Nicola Pesce, lo stesso di “La volpe che amava i libri” di cui ti ho già parlato, e lo stile è lo stesso: raffinato e semplice allo stesso tempo.
Ci sono due anime che danno vita a “Il fiato di Edith“: una giovane e piena di speranza e l’altra più “adulta”, disillusa, che non crede più a niente. È davvero questo il senso di “diventare grandi”?
Se vuoi iniziare a sfogliarlo, ti lascio l’anteprima del libro, fammi sapere cosa ne pensi: io, se non si fosse capito, me ne sono innamorata.
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